Published On: 14/01/2017Categorie: Le interviste, Stage di Tango

Dal Caminito della Boca al palcoscenico del mondiale di Buenos Aires, Cristian Sosa, tanguero autentico e di grande talento, è a Milano per una serie di seminari e stage organizzati da Milano tango e culture. (Per prenotazioni info@milanotango.com)

La sua grinta ed il rispetto per la tradizione lo hanno condotto nella vittoria al Mundial de tango  nel 2012 e al campionato metropolitano di Buenos Aires.

Da giovane muratore a 20 pesos al giorno al palcoscenico del Mondiale. Intervista con un fuoriclasse del tango: Cristian Sosa

di Alice Gaini

“Ci sono tanti piccoli dettagli che contraddistinguono un bravo tanguero: il saper ballare ‘a musica,’ avere un buon abbraccio e una buona tecnica, saper circolare bene. Tutte cose che vanno praticate ad una ad una, separatamente. Ma nel tango ci vuole anche il ‘barro’. Insomma, un po’ di malizia, qualche trucco, un po’ peperoncino: la ‘picardià’. E studio, studio, studio”. E a chi vuole iniziare consiglia di farlo “il più velocemente possibile, perché il ballo ti regala libertà e consapevolezza”.

Cristian Sosa racconta la sua visione del tango, il percorso che lo ha portato, da giovanissimo, a calcare il Caminito del quartiere Boca di Buenos Aires- perché è lì, sulla strada, che molti tangueri autentici hanno iniziato  – alla vittoria ai campionati metropolitani di Buenos Aires nelle categoria Vals e Milonga prima e poi alla consacrazione planetaria con il primo posto al Mondiale di tango nella categoria Escenario.

 

 

Come sei diventato un ballerino?
Da piccolo sognavo di fare un lavoro che mi permettesse di “vestire bene”.  Eravamo poveri, ma ho sempre pensato che avrei voluto essere una persona elegante, che parlasse e si vestisse bene. Da adolescente frequentavo dei corsi di ballo della parrocchia e dopo varie discipline, salsa rock and roll, danze caraibiche, ho deciso che, da argentino, avrei dovuto imparare tango. Il maestro allora era Mario Morales: formò un gruppo coreografico ed io ne facevo parte.

“Non avevo mai preso il tango seriamente. Morales si arrabbiò”

Ero grassottello e con i denti storti e per me in quegli anni il ballo era semplicemente un modo per socializzare. Non l’avevo mai preso seriamente. Poi un giorno  Mario si arrabbiò: disse che non ci impegnavamo abbastanza e che non stavamo sfruttando l’opportunità di diventare ballerini professionisti.

“Per la prima volta qualcuno mi disse che potevo farcela”

Fu allora che capii davvero di avere una chance perché qualcuno per la prima volta mi stava dicendo che ce la potevo fare e che potevo cambiare il mio percorso. Decisi che ce l’avrei messa tutta per imparare seriamente. La mia idea non era quella di essere un ballerino perché per quello ero già un po’ grandicello. Ma sì, volevo diventare un tanguero.

“Il lungo percorso con i viejos milongueros”

Quindi iniziai un lungo percorso con i viejos milongueros (i vecchi milongueri), prima con “Valdi” Osvaldo Guevara, che ballava nello stile di Pepito Avellaneda. Con lui andammo da Suzuki, che fu la compagna storica di Pepito e ballai con lei. Continuai con El Totò Faraldo, El Galleno  Manolo e Marta Anton. Poi due anni con Carlitos Perez e altri due con Jorge Dispari. Il maestro di Jorge era stato El Turco. Jorge era un milonguero storico e approfondii questo stile Villa Urquiza. Ho studiato molto anche la linea di Todaro con ballerini della vecchia e della nuova generazione come Natalia Hills e Gabriel Misse.

E come hai iniziato a lavorare nel tango?
Io facevo il muratore e guadagnavo 20 pesos al giorno. Lavoravo dalle 8 alle 6. Mdi proposero di ballare al Caminito (per chi inizia ad esibirsi la “gavetta” per antonomasia, nel quartiere La Boca, dove i tangueri ballano davanti ai ristoranti per poter guadagnare qualcosa dai turisti che passano ndr). Il primo giorno lavorai dalle 11 alle 4 e guadagnai 35 pesos. Guadagnavo di più e lavoravo meno ore. Da lì iniziai a poter studiare di più quindi e a frequentare sempre più lezioni con i milongueros . Studiai studiai studiai e studio ancora.

E poi arrivò il mondiale?
No, il campionato arrivò molto dopo. Prima vinsi il metropolitano ed iniziai ad essere un po’ più conosciuto. Organizzai la mia prima tournée fuori da Buenos Aires.

Ti immaginavi di vincere?
Non è che mi aspettassi di vincere ma lavoravo energicamente per lasciare aperta la strada e per cercare di sentirmi speciale in quel momento. Vincere il mondiale era qualcosa che dentro di me sentivo da tanto tempo. La prima volta che vidi la pubblicità del Mundial ero in milonga e sentii che se mi allenavo avrei potuto vincere, e così è stato.

Come ti ha cambiato aver raggiunto il riconoscimento più importante nel mondo del tango?
Al di là delle opportunità di lavoro che ovviamente sono aumentate, mi ha dato più sicurezza. Dopo la vittoria non ho mai pensato di dover ballare meglio o dover dimostrare di essere il campione del mondo anzi, il fatto di avere il titolo mi ha rasserenato, è stata una tappa che mi ha fatto sentire semplicemente più sicuro di me. Questa è la cosa più bella che ti lascia la vittoria, ti fa pensare “bene allora posso farcela, potrò comprare un auto, permettermi una casa, ce la posso fare”.
La vittoria segnò un cambio nel mio percorso e la ricorderò come un’emozione che resterà per sempre dentro di me. Quando avrò 95 anni e sarò vecchio anche se non dovessi più ballare – cosa che non credo – mah, metti che io diventi un politico ed i miei nipoti mi dicano: “Nonno tu non ti puoi neppure muovere”. Io risponderò: “Pibe, io quando ero giovane ho vinto il campionato del mondo di tango”.
La gente ti considera forse più un ballerino de pista, un milonguero, che un ballerino di escenario. Come sei arrivato a partecipare e vincere il titolo di escenario?
Nel gruppo coreografico di Mario si faceva prevalentemente escenario. Io vedevo i ballerini allenarsi e mi dicevo: “No,  io per ballare escenario dovevo imparare tango de salon con los viejos milongueros (i vecchi milongheri) e quando avrò imparato bene metterò quello che ho imparato nel tango show. Ho sempre voluto ballare escenario ma volevo conoscere  bene questa ‘essenza’ del tango tradizionale che molti ballerini di show non avevano.

Ho sentito tante volte dire che per ballare il tango ci vuole “barro”, anche con riferimento a te ed al tuo modo di esprimerti. In italiano barro significa “fango”. Che cosa significa per il tanguero? Che il tango è un ballo di strada?
Ah, non so come spiegarlo… Significa che devi esprimere una certa malizia nel ballo, devi conoscere certi trucchi che non si addicono ad un “bravo ragazzo”. Il barro è come… È il sapore, il peperoncino. Noi  la chiamiamo anche “picardia” .

 Cosa serve per vincere secondo te? Perché tu e Maria Noel Sciuto avete vinto il titolo?
Perché lo desideravano  nel senso più profondo e completo del termine. Ci sono tre elementi importanti: desiderio, piano e azione. Voglia di essere campioni, amare la coreografia, il proprio ballo e praticare.

Che consiglio daresti a chi vuole imparare a ballare?
Che lo faccia più velocemente possibile, perché il ballo ti regala libertà e consapevolezza.

E che consiglio daresti ad uno che vuole “vincere un campionato “?
Che si metta a studiare e praticare adesso, in questo momento, perché si può fare. Questa è la mia esperienza, chi sa desiderare veramente qualcosa ha anche il coraggio di raggiungerla.

Qual è il segreto per diventare un tanguero?  Che consiglio daresti ai ballerini che voglio imparare i segreti di questo ballo ?
Secondo me il segreto per diventare un buon ballerino passa attraverso questi punti fondamentali:
1. Sentire bene l’asse e sapere esattamente cosa devi fare per ballare
2. Prendere lezioni e avere fiducia nel maestro. Essere sempre umili e riconoscere che per migliorare bisogna studiare sempre. Il maestro è qualcuno che ha già fatto il percorso che stai facendo tu, per cui può aiutarti a migliorare il tuo ballo a sentirti più a tuo agio e più libero. Per migliorare devi aver sempre voglia di confrontarti con qualcosa di più difficile, andare oltre il tuo livello. Solo un buon maestro può accompagnarti in questa sfida.
3.  Saper distinguere il ballo dalla pratica. Ballare e non praticare quando stai ballando. Ci sono tanti piccoli dettagli che contraddistinguono un bravo tanguero: il saper ballare a musica, avere un buon abbraccio e una buona tecnica, saper circolare bene. Tutte queste cose vanno praticate ad una ad una, separatamente.
Prima alleni il passo da solo, poi lo senti con la musica poi lo pratichi in coppia ed infine cerchi di sentirti bene, comodo, mentre lo eseguì.

Praticare non significa ballare in milonga. Nella pratica posso concentrarmi su ogni singolo aspetto del ballo e allenarli separatamente, nel ballo invece devo lasciarmi andare e non pensare più. Perché come dice la teoria del Gestalt: “Il tutto è più della somma delle singole parti”.

Cristian Sosa sarà a Milano il 22 gennaio 2017 per una serie di seminari su prenotazione. 

Ecco il programma degli stage, che si terranno allo Studio G di piazza Sant’Ambrogio 16 (ingresso via di San Vittore) a Milano, a pochi passi dalla fermata metro. Parcheggio convenzionato a un’euro l’ora al Pam di via Olona.

POSTI LIMITATI, PRENOTA SUBITO SCRIVENDO A info@milanotango.com

Domenica 22 gennaio

Ore 14.00 – 90 minuti
Tango Classe 1: Sequenze ritmiche per ballare tempo e contrattempo – tutti i livelli

Ore 15.30 – 90 minuti
Tango Classe 2: Ballare sincopa e melodia interpretare ritmo e fraseo.  Livello Intermedio avanzato

Ore 17.00 – 90 minuti
Milonga con “picardia”: combinazione e differenza del traspié nel ritmo base e nel contrattempo – tutti i livelli.

Ore 18.45 – 20.45 – 120 minuti – Per professonisti e partecipanti al metropolitano Milano.
Ballare il silenzio.
Laboratorio a numero chiuso per professionisti e  partecipanti al campionato metropolitano.
Musicalità, connessione e marca del silenzio.

Dove: Studio g
Piazza sant’ambrogio 16 angolo via san vittore
MM Sant’ambrogio
Parcheggio convenzionato via Olona 3 sopra il Pam (1 euro l’ora)

Info e prenotazioni stage
Info@milanotango.com

Per info laboratorio professionisti:
3408133539
Info@effettotango.com

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